Un po’ sul filo del rasoio per il contest pollesco, ecco la mia ricetta! Non è stato facile decidere quale ricetta fare, perché ultimamente mi sono intestardita sempre più nella ricerca di prodotti locali, e mentre per formaggi/uova/carne di manzo/verdure non ho particolari problemi (anzi, posso scegliere tra più produttori), per quanto riguarda il pollame credevo proprio di essere sguarnita… quand’ecco che, da uno dei produttori di cui sopra, il mitico Mastro Checco (*) in persona, mentre sceglievo la caciottina di capra da portare a casa, butto lì la domanda “ma che per caso c’hai pure del pollooo?”.
Risposta: qualche volta sì, ma lo devi ordinare!
Ed ecco che mi ritrovo, di domenica mattina, ad andare a ritirare un polletto fresco fresco, ucciso il giorno prima, alla cifra assolutamente abbordabile di 8 euro al kg. Il tutto a chilometri zero! Anzi, a voler essere precisi… forse tra casa mia e l’azienda di Mastro Checco ci sono 2km scarsi di strada 🙂
E siccome proprio qualche settimana prima assaggiavo il meraviglioso doro wot della mia amica Sandra, italiana nata e cresciuta per parte della sua vita in Etiopia, non potevo che cogliere l’occasione di pubblicare la ricetta e testarla con le mie manine, tutto in un colpo solo!
Wot è il termine usato in Etiopia per indicare uno spezzatino piccante e speziato che si accompagna alle profumatissime sfoglie di injera, il caratteristico pane che viene usato anche come forchetta: qualcuno lo conosce come zighinì… ma quello è il termine Eritreo 🙂
Usato come forchetta nel senso che il piatto viene composto con una sfoglia di injera su cui viene adagiato lo spezzatino, che si mangia prendendolo con parte dell’injera, direttamente con le mani. Si usa mangiare tutti nello stesso grande piatto, ed è una esperienza parecchio bella!
Ma veniamo alla ricetta. Gli ingredienti sono:
– un pollo, spellato e fatto a pezzi con le mani: questo eviterà i pericolosissimi ossicini, tanto amici dei dentisti
– cipolle rosse, lo stesso peso del pollo (circa 1,5kg)
– tanto burro chiarificato (o tutto burro, o margarina, o burro e olio), indicativamente (ma io non ho avuto coraggio, lo ammetto, ne ho usato meno) poco meno della metà del peso del pollo
– berberè, 4-5 cucchiai
– uova sode, una a testa (per le dosi qui sopra, almeno 6)
Rosolare a lungo le cipolle nel burro chiarificato. Quando dico a lungo… intendo una ora e mezza! Eh si, non è certo un piatto da Nigella Express, e con un brivido di terrore cerco di immaginarmi cosa potrebbe inventarsi la Nigellona per farlo diventare espresso… forse è meglio non pensarci 🙂
Nel frattempo si deve mettere per una oretta a mollo il pollo in acqua e limone e si lessano le uova.
Quando le cipolle saranno ben rosolate e praticamente disciolte, aggiungere il berberè e resistere dalla tentazione di aggiungere acqua: non servirà, non si attaccherà nulla! Cuocere ancora 15 minuti.
Finalmente aggiungere il pollo e far cuocere altri 45-55 minuti.
Circa 10 minuti prima di servire a tavola sgusciare le uova, bucherellarle con una forchetta e metterle a insaporire nella pentola con tutto il resto.
Una nota sull’injera. La ricetta originale prevede che sia fatta con una miscela di acqua e farina di teff, un cereale che -mi hanno detto- non si può vendere in Italia. In rete si trovano diverse ricette che usano un mix di farine più reperibili dalle nostre parti. Nei ristoranti africani di Roma lo vendono, ed è così che ho recuperato quello che si vede in foto. Ha un sapore acidulo molto caratteristico, dovuto al fatto che l’impasto fermenta diverse ore prima di essere cotto come fosse una crepes, ma più spessa, su un solo lato in una padellona pesante. Prima o poi provo a cimentarmi, amo queste sfide semi impossibili!
(*) Azienda Mastro Checco – Caseificio artigianale
Anguillara Sabazia – Raggiungibile da Via Monico e da Via Duca degli Abruzzi (piscina comunale nuova)
Tel +39 338 4198294
Email tacchia71 (at) live.it
Orari di apertura: gio-ven-sab mattina e pomeriggio, domenica solo mattina